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Il blog di Anita Salviati

E.R.- Breve sogno di Natale

Ragazzini che chiedono giochi in cambio di pistole – E.R. stagione 6, ep. 9

Ascolto su Pagina 3 Nicola La Gioia leggere l’atto di accusa di Tiziano Scarpa contro le amministrazioni che da quarant’anni stanno regalando Venezia ai privati e affondo nella mia palude di impotenza. E, chissà se richiamata dall’accesso di rabbia o dalla cantilena aritmica e le vocali troppo aperte di Nicola La Gioia, risento il Buon Natale  urlato al ragazzo nero di una gang dalla rabbiosa voce di Carter – prestatagli da Alessio Cigliano che, di stagione in stagione, ben rende la maturazione del personaggio ­– in conclusione della 9° puntata, l’immancabile natalizia, della 6° stagione, vista la sera prima.

E di colpo mi sembra chiaro perché le vicende del pronto soccorso del County General Hospital di Chicago mi liberano dalla sterile sete giustizialista suscitata dalla cronaca politica e riaccendono la speranza di non avere del tutto sprecato la mia piccola vita. L’azione di E.R. si gioca in una dimensione extra-politica, e sembra ribadire, puntata dopo puntata, che per essere un bravo medico devi curare te stesso dall’illusione di poter sanare anche una sola delle ingiustizie sociali che troppo spesso conducono un paziente in pronto soccorso. E solo se imparerai questa materia trasversale, che non figura nel curricolo, potrai dispiegare tutte le tue energie di cura verso la persona che hai in affido, si tratti di vittima o perpetratore di abuso, violenza, ingiustizia. Del singolo è doveroso occuparsi con ogni mezzo, tenendo a freno i pregiudizi, eventualmente chiedendo consulti e procedendo a invii a servizi sociali, comunità di recupero, ecc. Ma fatto questo, passo indietro.

Telefilm di evasione ma anche di ri-centramento sulle mie possibilità di cura, cura di sé e di chi mi è vicino, oggi o nella vita. Cura senza presunzione di modificare il sistema, anche se, o proprio quando, il malfunzionamento e l’ingiustizia del sistema amareggiano profondamente.

Tiziano Scarpa denuncia l’ipocrisia del discorso del ministro della pubblica amministrazione alla serata, tenutasi nello sfavillio della Fenice in onore dei sessant’anni della casa editrice veneziana Marsilio. Lo scrittore denuncia la retorica insincera della politica che da tempo ha scelto di servire non gli elettori ma i potenti. Vorrebbe alzarsi e urlare “Non vi crediamo più”, ma invece se ne sta buono sulla sua poltrona di platea, per non rovinare la festa. E probabilmente, sempre per non rovinare la festa, omette, come lo omettono i pezzi celebrativi ospitati sulla stampa locale, quel che invece il mio Pasionario mi ricorda appena sente pronunciare la parola marsilio, e cioè che dal 2017 Marsilio è confluita in Feltrinelli. O, come tuona lui, Marsilio È di Feltrinelli. Compulso: in effetti Marsilio parla di alleanza strategica, con cessione del 55% delle quote e condivisione … nelle scelte editoriali e l’affidamento della promozione e distribuzione a Feltrinelli e Messaggerie. Chissà come stanno veramente le cose, ma il dubbio resta che la città non abbia sostenuto granché il suo più grosso editore. Scarpa cita il libro di Paola Somma, Privati di Venezia (Castelvecchi, 2021), titolo che allude alla donazione della città ai privati da parte delle amministrazioni che si sono succedute negli ultimi quarant’anni, con il risultato di avere privato di Venezia i suoi cittadini, che, perseguitati dalla carenza di servizi e dai costi di una città che non possono più permettersi, la abbandonano in un esodo incessante che ha ridotto in sessant’anni la popolazione di tre quarti. Gli ultimi cinquantamila.

L’argomento riaccende il ricordo di tutte le inutili lotte contro i cambiamenti di destinazione d’uso di intere aree della città mirati ad agevolarne la profittevole acquisizione da parte di soggetti privati, o meglio di quel capitale senza volto che firma convenzioni e contratti con sigle che, a noi fuori del giro, non dicono nulla.

Ma torniamo a Carter. Nella sesta stagione è ormai un assistente anziano di solida esperienza e chiaro senso dei limiti della professione, eppure lo vediamo ancora una volta abbandonarsi con il mai sopito fanciullesco trasporto degli inizi allo sconfinamento di quegli stessi limiti che quotidianamente inculca alla tirocinante Lucy. E non è un caso che il cedimento avvenga proprio alla Vigilia di Natale, nel clima di rinnovata speranza che ogni anno ci travolge nostro malgrado.

La vicenda. Nel trattare l’ennesimo ragazzino nero ferito in uno scontro a fuoco, gli scopre addosso una pistola e la sequestra. Alla dimissione, il ragazzo pretende la restituzione della pistola, che doveva essere il regalo per il fratellino. Ma invece di restituirgliela, Carter estrae un videogioco dal sacco rosso dei regali destinati allo staff e glielo consegna. La notizia si sparge, e per tutta la sera al pronto soccorso c’è un andirivieni di ragazzini neri pronti a barattare una pistola in cambio di giochi. Con visibile soddisfazione di Carter, il sacco rosso pian piano si svuota di doni e si riempie di pistole. A fine turno, l’amara sorpresa: il poliziotto al quale Carter si appresta a consegnare le armi sta in realtà presidiando la barella di quello stesso ragazzo dal quale l’intera vicenda aveva preso inizio e che è rimasto lievemente ferito nel regolamento di conti con il suo aggressore. Il piccolo gangster ignora però di avere colpito anche un ragazzino bianco, deceduto qualche minuto prima sotto lo sguardo desolato di Carter. Che fa Carter? Svuotando rabbiosamente il sacco di pistole sopra il ragazzo, gli rinfaccia furibondo l’uccisone del ragazzino bianco e se ne va urlandogli un Buon Natale fuori dai denti, venendo, per questi suoi modi, pure ripreso dalla responsabile.

Che c’entra lo sconfinamento di Carter con la denuncia e l’autocensura di Scarpa? C’entra, perché questo episodio di 22 anni fa mostra, per l’ennesima volta, che le nostre informate denunce oggi non portano lontano. Siamo rimasti a quando che la denuncia innescava un meccanismo di consapevolizzazione che poteva tradursi in azione politica e cambiamento sociale. È esistito un tempo in cui questa catena di azioni ha funzionato. Ma da molti anni non è più così.

La politica segue un suo corso avulso dalla società. E della società invece si occupa una moltitudine di noi, impegnati a prenderci cura uno dell’altro. Nei nostri mestieri, nelle nostre relazioni, nelle associazioni a cui diamo vita. Ho già scritto che il pronto soccorso è la retrovia di una società in guerra. Con le sue dozzine di vite salvate, E.R. ci ricorda tutti i preziosi contributi che oggi si danno nelle retrovie. Se i bollettini di guerra parlano di vittorie elettorali e bande di malfattori sgominate,  dell’andamento di borse, mercati, pil, della grande innovazione necessaria e dell’impossibilità di attuarla, è nelle retrovie che si gioca la nostra umanità e, forse, magari, chissà, si giocano anche le sorti della guerra.

P.S. – Da qualche giorno abbiamo cambiato guerra, dalla guerra al Covid all’intervento dei carri armati russi in viaggio verso Kiev, anzi Kyiv.  Seguiamo l’invasione attraverso schegge di filmati, immagini impazzite, vere, ricostruite, adattate dai video giochi – usciti dal sacco natalizio di Carter? Le nostre badanti danno la misura della verità. La novantenne madre cieca di Oleksandra rimarrà a Ternopil’, in russo Ternopol’, in polacco Tarnopol, Ucraina occidentale. Cambi una vocale e senti in modo diverso. Non può spostarsi, troppo lunga e faticosa la coda per entrare in Polonia. Se ne occuperà una vicina. La cognata con le figlie, la più piccola di un mese e mezzo, invece è al sicuro in Polonia. Ma per arrivare in Italia, deve sborsare quattrocento euro, approfittano i bastardi! Bastardo è il peggior insulto che Oleksandra possa rivolgere a chi non la rispetta, a chi non ha umanità. La figlia della moldava Natalija è sposata con un prete russo, e vivono con due bambini a Borovichì, nella regione di Novgorod, a 300 km da San Pietroburgo. Natalija non può più mandarle l’aiuto mensile, hanno chiuso le linee bancarie, il rublo è precipitato, i prezzi alimentari sono alle stelle, i supermercati, che dalla caduta del Muro, sono in gran parte approvvigionati dalle catene occidentali, si svuotano e non vengono riforniti. Attenti a come si parla. Chi manifesta viene arrestato, chi protesta sui social viene prelevato dalla polizia speciale. Zhenja ha gran parte della famiglia in Moldova, la cantina dell’Unione Sovietica, ma dal 1992 la Russia ha sostenuto la ribellione della russofona Transnistria, che è diventata una regione autonoma. L’ondata di profughi provenienti da Odessa, invade anche loro. E anche in Moldova gli scaffali dei supermercati si stanno svuotando.

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